Radio 2020

La playlist con le canzoni più ascoltate da Catia Caporali in “questo anno tormentato”.

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“Sincero” – Bugo e Morgan. Tralasciando la ormai arcinota disavventura sanremese, questo è indubbiamente uno dei pezzi dal pop elettrico più interessanti dell’intera kermesse, a metà tra fraseggi alla Battiato e sonorità alla Bluvertigo. Il singolo ha fatto da apripista ad altre due uscite eccellenti di Bugo, la nostalgica “Mi Manca” featuring Ermal Meta, e la travolgente “Quando impazzirò”. Nel complesso Bugo è l’artista che nel 2020 ha vinto tutto, coronando una ventennale carriera da artista indie di nicchia. Fine di quel periodo. Avanti col pop!

“Iride” – Stefano Zarfati. Brividi all’ennesima potenza, sin dal primissimo attacco della canzone. Ci sono tutti gli ingredienti per una grande hit; arrangiamento fluido, piano, chitarra, voce (quella voce), quel cambio di registro nell’inciso, quel testo così profondo e mai banale…! Sono sicura che tanti artisti avrebbero fatto carte false per annoverare nel loro repertorio una simile perla, anche se – mi spiace per loro – non sarebbe stata di certo la stessa cosa! Stefano Zarfati ha invece deciso di tirare fuori dal cassetto questa canzone solo per gli ammiratori che ancora lo ricordano e che chiedono di lui, senza commercializzarla. No, no, non sto piangendo, mi deve essere entrato un candito nell’ occhio!

“Fai Rumore” – Diodato. Un pezzo in cui l’ orchestra di Sanremo ha realmente goduto, scusate l’iperbole. Cantato benissimo, con una vocalità precisa, impeccabile, mai urlata, potente e delicata allo stesso tempo! Diodato è tecnicamente perfetto, e in questo brano dimostra di saper prendere tutte le note alte a voce piena, senza perdere mai l’intonazione. Il pezzo è evocativo, struggente, impossibile non rimanerne rapiti. Mi sembra impossibile che non abbia vinto il festival di Sanremo…! Come dite? Ha vinto? Ah, bene! Comunque lasciatemelo dire, avrebbe vinto a mani basse anche l’ultimissimo singolo, “Fino A Farci Scomparire”! Sublime!

“Freccia Bianca” – Lucio Corsi. Quando “lo strano acchiappa!”. In effetti per essere “strano”, l’artista di origine maremmane è strano! Figuratevi un tipo glamour che in un’ambientazione bucolica maremmana esordisce con fare naif citando Emily Dickinson e inscenando una sorta di teatro dell’assurdo. Questo è Lucio nel video di “Freccia Bianca”. In questo come in altri pezzi notiamo evidenti similitudini con Ivan Graziani, così come una certa attitudine anni ’70. L’assolo di chitarra è il punto forte del pezzo. E’ talmente raro al giorno d’oggi sentirne uno, che ogni volta mi fa drizzare le antenne! Da tenere d’occhio e da non perdere dal vivo, appena torneranno i concerti!

“Vent’ Anni” – Maneskin. Parlando di assoli di chitarra-  preziosi quanto rari nella musica italiana odierna – mi è venuto in mente il gruppo di Damiano. Sono di nuovo gli anni ’70 a influenzare la band, nel look eccentrico così come nel sound. Nella ballata rock il ventenne Damiano intreccia con voce suadente e graffiante una sorta di dialogo con un alter ego più maturo, che lo rassicura sulle sue incertezze giovanili e sulla sua voglia di lasciare un segno nel mondo: “e c’hai vent’anni, ti sto scrivendo adesso prima che sia troppo tardi e farà male il dubbio di non essere nessuno. Sarai qualcuno se resterai diverso dagli altri, ma c’hai solo vent’anni!”. Sublime! Senza se e senza ma! Talent show, ridateci artisti di questo calibro!

“Terra Amara” – Scaramouche. Se non conoscete questa band toscana, rimediate subito! Per inciso, il cantante dalla voce ruvida è quello stesso Michele “Luca” Lombardi che nel 1997 cantava dolcemente e timidamente “Sonia dice di no”.         Chiusa parentesi, il gruppo ha una cifra folk che da anni lo rende molto sensibile e ricettivo nei confronti del sociale. Anche nel caso di questo pezzo. La canzone – il cui testo è stato riadattato in italiano dagli Scaramouche – appartiene al repertorio di Grup Yorum, band turca a cui un regime ostile a ogni forma di dissenso ha proibito di suonare. Impossibile e ignobile permettere tutto ciò. Hanno partecipato al brano anche Francesco Moneti (Modena City Ramblers), Carlo Sciannameo e Andrea Gozzi.

“Rinascerò Rinascerai” – Roby Facchinetti. Il pezzo più rappresentativo di quest’ anno. Un soffio di speranza – nel mezzo di un incubo – grazie alle delicate parole di Stefano D’Orazio, scomparso a novembre. “Quando tutto sarà finito torneremo a riveder le stelle…”

“Leggera” – Roberto Zappalorto. Non è facile imbattersi in un tormentone estivo e non sentirsi alla lunga infastiditi. In questo il cantautore di origini romane – che ha scritto tra gli altri anche per Ron e Califano – ha centrato proprio il segno, riuscendo a far sua una texture musicale “ariosa”, tra il funk e la dance! Non da meno sono gli altri singoli usciti quest’anno, il preveggente “Toglimi Le Manette”, decisamente reggaeggiante, e “L’Orologio Fermo”,  racconto di una storia finita senza un ritornello preciso, ma con interessanti soluzioni vocali.

“Melodia di Giugno” – Fabrizio Moro. Poesia senza tempo. Intensità, passione, nostalgia, graffio. Semplicemente Fabrizio Moro nella sua accezione più romantica. Bella idea quella di mettere insieme tutte le sue “Canzoni d’Amore Nascoste” e di dare loro una nuova luce e veste. Perchè la cifra stilistica di Fabrizio Moro è anche quel fiume di parole che caratterizzano tanti suoi pezzi grintosi, arrabbiati, urlati. Quando trionfa però la melodia, come in questo caso….che ve lo dico a fare…! Meraviglioso!

“Finirà Bene” – Ermal Meta. Il titolo non c’entra niente con il covid e con “andrà tutto bene”, sia chiaro. Caso vuole che le cose più azzeccate accadano sempre per caso. Il brano era stato scritto mesi prima di questo grande marasma. Avendo già avuto il piacere di ascoltarlo nella versione solo piano e voce, ammetto di essere rimasta un po’ turbata e contrariata ascoltandola in questa veste galvanizzante, euforica, pompata a mille. Contrariata, sì, giusto il tempo di arrivare a metà pezzo e ritrovarmi a saltare sul divano. Sì, anche stavolta ha avuto ragione lui! Non dimentico però quel primo ascolto e quella prima strofa che tanto mi ricordarono l’attitudine e il mood di “Il Mostro” di Samuele Bersani. Nulla di concreto, mi piace sempre trovare delle “sacre ispirazioni” nei pezzi che amo. A proposito, sapete che Ermal andrà al festival di Sanremo? Si sa niente sugli impegni di Samuele per la serata dei duetti? Io non ho detto niente, eh…!

Harakiri” – Samuele Bersani. La canzone più cinematografica e visiva tra tutte quelle di questa speciale playlist. La voce di Samuele è una carezza all’anima, è terapeutica, come questa sua ennesima perla preziosa: “poi dopo una serie di giorni infelici venne fuori vestito di bianco, sembrava una lucciola in mezzo a un blackout. Per fargli un regalo anche il cielo si aprì a serramanico, come se spalancasse un sipario”. Chapeau!

“Vertigine” – Levante. Sono stata definitivamente conquistata da Claudia grazie al suo ultimo album, Magmamemoria, ripresentato nel 2020 insieme al pezzo sanremese “Tikibombom”. Lo stile raffinato e ricercato, mai scontato a livello di suoni e testi, è apprezzabile anche in questo pezzo contenuto nella colonna sonora della serie Netflix “Baby”. Il ritornello arriva diritto come una saetta. Impossibile non rimanerne conquistati! Brava Levante, e chi ti molla più!

“Bam Bam Twist” – Achille Lauro. Di lui ho già parlato ampiamente nella sezione “A Proposito Di”. Pur trovandolo intrigante, non è propriamente il genere di artista che seguo in tutte le sue sfaccettature, ma quando sento un brano leggero così “catchy” e smorza-tensioni….abbatto ogni resistenza e …. “sì, balliamo, bam bam, bam bam, un twist e poi bam bam”. Insomma, “me ne frego”!

“La Vita Breve dei Coriandoli” – Michele Bravi. La vita breve dei coriandoli ci fa sentire che noi siamo liberi … e tutto questo ancora mette i brividi”. Altroché, Michele. Non riesco ad aggiungere altro. Bentornato! E viva la poesia.

Mica finisce qui la lista, sapete. Avrei tanti altri nomi e pezzi da aggiungere, da “Andromeda” di Elodie, letteralmente galvanizzante, moderno e strutturalmente perfetto, a “Viceversa” di Gabbani, che ha sbaragliato tutti i miei pregiudizi, a “Il Confronto” di un Masini molto vecchia maniera, a “7+3” di Ultimo, “L’ Amore Sublime” di Renato Zero.

Fortunatamente sono stati davvero tanti i pezzi italiani “felici” in quest’anno “infelice”!

Vi lascio con questa chicca che ho scoperto proprio l’ultimo giorno dell’anno:

“Giubbottino” – Margherita Vicario. Un ritornello che spacca, cantato in maniera graffiante e sensualmente arrogante. Ti entra in testa e non ne esce più. Certo, ritrovarsi a cantare “E non è come in un porno, porco mondo, è molto meglio!”, fa un po’ impressione!

Prendetelo come un augurio, che v’aggia a di’!!!!! 🙂 🙂 🙂

Catia Caporali

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